La Persona tra Immagine e Realtà

Il saper o poter distinguere l’Immagine dalla Realtà del soggetto ‘Persona’, occorre prima di tutto capire come sia venuta al mondo, le sue funzioni, responsabilità, ambizioni e via discorrendo.

Innanzitutto va detto che ogni persona, come per gli animali, nasce o viene al mondo da un altro suo simile. Realtà questa che vale anche per le piante e fiori o l’erba, pur se spesso si tratta di un fatto spontaneo, causato da atti meteorologici e non per cause accidentali come per il primi due. Il mondo animale e dell’umano, oltre ad aver dei tempi ben stabiliti e nonostante avessero e hanno bisogno di assistenza medica e quant’altro, non sempre il nascituro viene al mondo o alla luce come si desidera o preferirebbe che fosse e considerarlo non perfettamente sano perché in esso ci sono delle patologie che possono disturbare delle proprie agilità motorie o il naturale percorso del suo sviluppo sensitivo. Non esiste più degradazione morale di questa, poiché, tutti nasciamo sani, tranne quei sfortunati neonati che per cause ben specifiche, nascono senza un braccio, una gamba, un occhio, una mani. In semplici parole con una parte fisica mancante del proprio corpo.

Ho voluto partire da come una persona viene al mondo, perché credo che questo sia l’unico modo che ci possa aiutare a saper distinguere il termine ‘Uguaglianza’ da quello di ‘Similitudine’, non solo perché come il primo appartiene al visivo e il secondo al sensitivo, ma principalmente per costatare se le sinonimie che noi usiamo su determinati soggetti, cioè, ‘Persone’, siano effettivamente reali o appartengono a una chiusura fornitaci da un apparente che nulla ha in comune con il reale?

Si certo, come la vista serve per vedere, osservare e distinguere ogni cosa che ci circonda e l’intelletto per darle un senso, sotto l’aspetto della persona, non è esattamente così, anche perché ciò che noi vediamo o immaginiamo e diamo per scontato con il visivo, è solo l’immagine corporea che, come si dice in gergo può essere bella brutta, alta, bassa, magra, robusta e cosi via. Ciò che una persona ha o possiede, sono semplicemente delle proprie caratteristiche. Caratteristiche che grazie alla sua presenza visiva e reale, dinanzi a me, posso identificarla, chiamala per nome e non confonderla con altre. Se questo è vero, è sufficiente per distinguere una persona da altre? È sufficiente vedere come cammina, se parla con un linguaggio perfettamente chiaro o se possiede una vista buona per giudicarla normale, sana come si suol dire o vi è un qualcosa che si sfugge e che va a di là del mio o nostro visivo?

Noi ci differenziamo dagli oggetti perché siamo stati generati, non creati come sottolineato all’inizio e a differenza di essi, possediamo dei sentimenti, sensazioni, curiamo delle passioni o interesse per realizzare in nostri sogni e progetti per realizzarci come persone. Ciò significa che l’essere normale del soggetto persona, non si basata sull’altezza bassezza, modo di parlare, di camminare, dover essere magra o grassa e via dicendo. Prima d’ogni cosa o immagine che possa rappresentare ai nostri occhi, essa è espressione di pensiero, fonte di sentimento, forza emotiva di credere in un se stesso che sono le radici del proprio sentirsi vivo e partecipe al suo essere persona comune e non un essere speciale come tante volte si vuol va credere o si crede.

Ognuno di noi, possiede tanti limiti e molti di questi, oltre a essere invisibili, sono inaccettabili. Quelli che possono creare attimi di disagio o turbamento emotivo, sono certamente quelle visive, come ad esempio, accendere un accendino con due mani, bersi un caffè con la cannuccia, appoggiarsi un telefonino su una coscia per far un numero o rispondere a una chiamata e molto altro. Fermo restando che questi particolarità di autogestione sul proprio fare, dipendono soprattutto da tipo o modo di possibilità del come poter autogestirsi per compiere una specifica azione o funzione, va anche detto che come una personale limitazione fisica o pratica soggettiva si differenza dall’essere normale della persona, il bisogno non dovrebbe o va confuso con la necessità.

Quando io vado con un amico o amica a prenderci un caffè a bar, diciamo sempre che uno deve essere messo o fatto in un bicchiere un po’ alto. Quello che di solito si usa per l’amari o liquori in genere, anche perché per un caffè in vetro, c’è il bicchiere fatto per tale scopo. Il bicchiere alto, è dovuto al fatto che a causa della mia diversa agilità della mano destra, non posso impugnarlo correttamente, a maggior ragione, il manichino della tazzina del caffè, sono costretto a usufruire di una cannuccia. Cosa questa che mi occorre per ogni tipo di bevanda.

A questo punto o in questo caso specifico, qual è la differenza tra bisogno e necessità? Semplicemente che se anche il metodo o meglio, di poter bersi un caffè cambia, il bisogno dello stesso, è identico a una qualsiasi altra persona. Io o una persona con le mie stesse difficoltà, non abbiamo bisogno della cannuccia per bere qualcosa o dissetarci, ma ci necessità una o la cannuccia per appagare quel nostro specifico bisogno che hanno o provano tutte le persone del modo con tranquillità o paura di macchiarci e cosi via.

Questo piccolo esempio, ci conduce spontaneamente a riflettere su due termini molto importanti e nello stesso tempo, differenti tra loro, anche perché, il primo è oggettivo o meglio, rende reale la diversificazione che esiste tra normalità del fare e il poter raggiungere o risolvere una specifica difficoltà, il secondo, oltre a essere soggettivo, nasconde in sé ciò che il visivo non percepisce o devia nella sua identità. Questi due termini sono ‘Disuguaglianza’ e ‘Similitudine’.

Per verificare se il ciò sia vero, è sufficiente prendere tre bicchieri diversi un dall’altro e uno di plastica. Io ho davanti tre bicchieri diversi un dall’altro, - dell’acqua (semplice), dello champagne o spumante (con gambo fino e pianta larga), dell’amaro (lungo e stretto). La loro differenza si vede a occhio nudo. La stessa cosa succede su due bicchieri di plastica di colore differente e grandezza diversa. Come nella forma, nel colore e nel materiale, sia il bicchiere di carta e sia quello di vetro, possiedono una cosa in comune, anche se in modo diverso. Se io stringo un po’ di più del necessario il bicchiere di plastica, oltre a diventare inutilizzabile, rischio di romperlo o bucarlo. Cosa che non succede con quello di vetro, non solo perché devo metterci forza, ma anche per il fatto che per rompersi, dovrebbe essere fragile, scivolarmi dalle mani e cadere per terra o su un qualcosa di duro.

Questo esempio sulla fragilità diversa dei due bicchieri di materiale diversi, ci può aiutare a capire meglio, cosa s’intende per disuguaglianza e ciò che significa realtà o sostanza delle cose. La disuguaglianza sta nel formato, colore, materiale, ma il loro significato o motivo di essere e portare con sé una propria utilità, consiste che ognuno di questi bicchieri, servono a dissetarci, che consiste nel poter soddisfare uno dei nostri principali bisogni, oltre che possono essere usati per altri scopi come ben sappiamo. Non importa se un bicchiere sia di carta o di vetro, grande o piccolo, largo, stretto, perché la sua utilità e sempre la stessa: quella di potermi dissetare o sorseggiare qualcosa. Disuguali nell’immagine ma paritari nella loro utilità.

La stessa identica cosa, la rincontriamo nell’essere persona, solo che al posto del termine ‘Utilità’, vi è quello di ‘Similitudine’, poiché, come agli oggetti possiamo dargli un valore o importanza, attraverso la soddisfazione di un qualche nostro bisogno, per il soggetto umano è l’opposto. Un con l’altro, non siamo utili per ciò che possiamo dare o soddisfare vicendevolmente in senso oggettivo o pratico, ma simili per quel che ci accomuna con gli altri.

Il termine ‘Simile’, com’è molto diverso dal ‘Uguale’ è anche delicato e profondo nel suo significato, poiché se l’uguaglianza si dà a due o più cose identiche, senza dei piccoli particolari differenti - nel e attraverso il visivo -, la similitudine a contraria di essa, fa parte di un particolare nascosto; difficile o quasi impossibile a vedere a occhio nudo. Oltre a volersi attenzione per scoprirla, occorre principalmente capire il perché si può essere simili pur non essendo uguali nell’immagine, nel fare, poter liberamente camminare con le proprie gambe o vedere con i propri occhi.

Fin da piccolissimi, noi abbiamo tre desideri per la nostra vita: Imparare, diventare grandi e realizzarsi come persone. Tre principi che non si racchiudono solo nel mondo invisibile del nostro desiderare, ma si ampliano e approdano nell'emisfero delle delusioni, debolezze, sofferenze e timore di non faccela. Il ciò significa che se anche si può essere perfettamente abili nel corpo, all'interno dello stesso, si possono nutrire turbolenze e timori nel poter o saper realizzare ciò che desideriamo o vogliamo divenire per essere alla pari degli altri.

Ognuno appartiene a un se stesso, non alla logica del fare per poter raggiungere. Il mangiare con la mano destra o sinistra, non a niente in comune con il saper avvicinare in modo corretto il cibo alla bocca. La stessa cosa vale per lo scrivere e cosi via.

Su questo ne abbiamo parlato abbastanza e credo che non vi sia altro d’aggiungere. Ora cerchiamo di capire ciò che veramente siamo, perché solo con la riflessione su noi stessi, possiamo verificare se esiste in noi un qualcosa che ci lega agli altri, non come fratelli, sorelle, amici, ma semplicemente come persone comuni.

Ogni persona, prima d’essere magra o grassa, bella o brutta intelligente o ignorante e via discorrendo, è fonte di pensiero, sensazione, paure, speranze, progetti e conquiste. Fonte di sentimenti pro e contro il proprio sentire e provare che nascono dal sentimento principale che prende il nome di ‘Sensibilità’. È ricerca del senso del proprio Sé, non apparenza di un io ammalato, handicappato, disabile o diversamente abile. Il ciò significa che finché ci soffermeremo al visivo o per essere più precisi, sull’apparenza oggettiva di un corpo e delle sue difficoltà o limitazioni, come diventerà sempre più difficile distaccarsi dalle sinonimologie - sinonimi nei confronti delle persone con realtà differenti da uno status comune -, come non saremo in grado di saper distinguere una ‘Diversità’ da una ‘Similitudine’, o una ‘Dissimilitudine’ dalla ‘Uguaglianza’, resteremo incapaci di prendere effettiva consapevolezza che come persone ci nasce e limiti si possiedono, siamo tutti disuguali, non dissimili.