Educarsi alla Disabilità Rec. di Michele Furci

La profondità dello scritto di Rosario Rito, che con questo libro si compenetra innanzitutto alla ricerca continua di sé, induce chiunque avrà la fortuna di leggerlo di calarsi per un attimo dentro l’esistenza di un altro suo simile. E se la compenetrazione riguarda una persona spesso vista come diversa dalla presunta normalità, ci si renderà finalmente conto di quanto sia stato errato il concetto stesso di normalità. Compiangere o esaltare un nostro interlocutore, usando il paradigma culturale interiorizzato per secoli dall’umanità, grazie all’esperienza accumulata dal sapere umano, leggendo le pagine di questo libro ci si accorge di quanta cultura discriminatoria si era accumulata nel tempo. Si era trattato in realtà di un criterio che, secondo il modello utilitaristico della forza fisica lineare, rifiutava il principio universale che sostanzia la cultura della disabilità come ricchezza delle tante sfaccettature con cui si manifestano le virtù possedute da ogni creatura vivente. La miopia e il limite culturale, nella l’immaginata normalità dei caratteri fisici materiali od anche spirituali, sta proprio nel non comprendere che giammai può esserci un prototipo come riferimento universale. Semmai l’esperienza umana dimostra il contrario e cioè l’unicità di ogni creatura umana in rapporto al contributo generale di ognuno nel formare il bene comune collettivo e le conquiste tecno scientifiche cui attinge il sapere e la conoscenza universale.

Per sfatare la resistente idea della presunta normalità anche dal punto di vista comportamentale, lo scrittore Rosario Rito con la sua acuta riflessione invita chiunque a vestire per un po’ i panni dell’altro. Questo esercizio educativo, estendendo il concetto del sentirsi un po’ diversi da ciò che in realtà si è, in realtà serve anche a sviluppare un dialogo continuo con i lettori. Egli, offrendo generosamente una chiave di lettura concreta e non teorica, ripropone in maniera sistematica l’insieme dei tanti momenti riflessivi che hanno contrassegnato il raggiungimento della sua maturità cognitiva e sensitiva. L’autore lo fa non per esaltare sé stesso, bensì per rappresentare un metodo sperimentato sulla propria pelle per donarlo affinché tutti se ne possano appropriare.

Dopo tanti concetti, in molti casi resi plasticamente visivi con esempi concreti, poiché con gesti talvolta semplicissimi dell’agire quotidiana in altri suoi libri ha insistentemente dimostrato che nulla è impossibile se si è capaci di sviluppare la propria destrezza, con questo nuovo libro Rosario Rito fa un ulteriore passo ancora più avanti. Approfondendo il sentimento profondo che si prova, specialmente nei momenti di solitudine con sé stessi, l’autore dimostra come costantemente l’uomo nel corso della sua esistenza è alla ricerca delle ragioni che danno il senso delle cose. Oltre ad affrontare l’aspetto più appariscente con cui si misura la capacità fisica o materiale di ogni creatura umana, Rosario affronta perciò il percorso più complesso che investe l’esistenza di ogni persona: spiegare attraverso il profondo del proprio interiore ciò che promana dalla propria anima.

Si tratta in realtà di ascoltare e rendere sensibili le pulsioni trascendenti, che ogni essere dotato di ragione sprigiona nel corso della sua maturità nel momento in cui va alla ricerca dell’altro. Ogni essere vivente e particolarmente l’uomo, giacché nella dimensione della diversità di genere sente il bisogno naturalmente di cercare l’altro, ovvero di vivere comunque in comunione con gli altri, in questa innata propensione in fondo ognuno è alla ricerca di ritrovare sé stesso. Molto bello a questo punto il tentativo dell’autore, con la sua innata virtù di rendere visibile e palpabile ciò che vuole veramente dimostrare o fare intendere, quando con le parole di Nicodemo (GV3,1-8) tenta di rendere figurata o plasticamente tangibile la parte invisibile e spirituale dell’uomo. Lo fa utilizzando un metodo efficace, come d’altronde ha già sperimentato positivamente in altri libri con la dimostrazione pratica del concetto di destrezza.

Il Rito, infatti, per spiegare il sentire dentro di sé il potenziale della volontà che produce l’aspetto materiale della destrezza fisica, con la scrittura di un precedente libro si è cimentato a descrive minuziosamente l’insieme degli atti con cui, un disabile nell’articolazioni motorie, si è adoperato a raggiungere da solo l’obiettivo di accendere un accendino. In quel caso, proprio perché ogni persona è unica ed ha peculiari caratteristiche fisiche e proprie virtù cognitive, Rito ha dimostrato che se ci si pone l’obiettivo di compiere l’accensione, sicuramente ognuno troverà il suo metodo e l’accendino riuscirà ad accenderlo comunque da solo. Con questo nuovo scritto, ora che l’autore non tratta un argomento solo materiale, ovvero che non affronta la diversità che caratterizza soltanto la fisicità di ogni individuo, bensì mettendo in rilievo i limiti che si hanno grandi e piccoli sul piano immateriale con una medesima operazione dimostrativa.

Talché, proprio perché in base alla dimensione dei propri presunti limiti (diversità che produce la disabilità a compiere qualcosa) la persona rischia non solo di emarginarsi o essere emarginato fisicamente, bensì di corre il concreto rischio di sentirsi limitato al punto di rendersi insensibile spiritualmente verso l’altro e verso la stessa comunità cui si appartiene

Per evitare di cadere in un precipizio senza ritorno, sostiene Rito, bisogna educarsi a vedere al contrario sempre la propria limitazione in positivo e cioè ad assumerla come condizione di partenza con cui avviarsi a compiere un percorso di vera e propria educazione in grado di raggiungere la propria sensibilità al servizio degli altri. Con questo esercizio interiore, quindi, si può sviluppare una comunicabilità senza limiti. Non chiudersi o isolarsi, bensì offrire agli altri la positività di cui si è in possesso, prescindendo perciò dalla sua quantità o qualità, poiché un qualunque modo di essere del proprio donarsi può divenire un servizio complementare molto utile ai propri simili.

Offrendo la propria esistenza per quella che è, come complementare a ciò che non possiede sicuramente l’altro, quello che all’inizio veniva percepito come un limite diventa un valore, poiché ognuno che lo riceverà si accorgerà che pur possedendo tutto in apparenza, in realtà quel poco o tanto che possiede come entità unica irripetibile l’altro suo simile, comunque rappresenta un proprio limite. Ciò in concreto dimostra quel che ogni creatura umana può dare; e sebbene talvolta appaia materialmente poco o banale, in realtà produce interiormente tanto da renderlo appagante e straordinariamente efficace spiritualmente al suo simile che lo riceve. Un gesto anche semplice, un sorriso o una carezza, afferma Rito, può far risorgere un uomo morto moralmente.

Il senso del passo del Vangelo, che cita l’autore con Nicodemo, perciò è quello di far riflettere ognuno sul fatto che l’uomo è un essere duale, materia e spirito, per cui come la diversità fisica produce limiti o virtù fisiche, la diversità sensibile produce effetti in cui ogni persona in virtù della propria sensibilità gioisce o si deprime a seconda dello stato in cui si trova ad operare nella sua storicità.

L’uomo è un essere che, con la parte spirituale interiore e cioè con ragione, in virtù della propria maturità e sensibilità, produce sentimenti che fanno star bene o al contrario procurano sofferenza interiore. Questi stati d’animo talvolta giungono anche all’annullamento della personalità.

La chiave da utilizzare mentalmente di volta in volta è quella di prendere perciò consapevolezza di ciò che si è, accettando e ringraziando il Creatore per la propria esistenza per come è e non per quello che convenzionalmente si vorrebbe che fosse. E per fare questo esercizio interiore bisogna innanzitutto prendere coscienza della propria realtà, poiché se ognuno impara ad amarsi per come è, il passaggio terreno lo si assume nella sua transitorietà, capendo a tal punto che la parte duale della propria trascendenza o dell’immortalità dell’anima in fondo è uguale per tutti

Proprio su questo terreno duale assume e prende forma il limite che possiede (anche quando non si vede fisicamente) ogni proprio simile. Si tratta di una condizione che, sebbene nella realtà storica in cui trionfa il relativismo consumistico e individualistico sfrenato appaia inesistente in alcuni sul piano materiale, nella parte duale che rappresenta l’essere immateriale del proprio Io c’è, e come se esiste il proprio limite. Ciò, recuperando le potenzialità di cui tutti gli esseri viventi sono dotati, dimostra in fondo che la dimensione trascendente è incommensurabile e perciò potenzialità e limiti sono qualcosa che umanamente tutti hanno ma nessuno è in grado di calcolarli senza passare per le opportunità, che soltanto la vita realmente da vivere potrà dimostrare.

Lo scrittore Rosario Rito, per dimostrare questi convincimenti profondi, poiché appartengono al mondo dell’interiore non poteva che servirsi con grande acume del colloquio di Gesù con un capo dei giudei, Nicodemo e perciò nel suo libro fa proprio il passaggio in cui “Rispose Gesù: «In verità, in verità io ti dico, se uno non nasce da acqua e Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Quello che è nato dalla carne è carne, e quello che è nato dallo Spirito è spirito. Non meravigliarti se ti ho detto: dovete nascere dall'alto. Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va: così è chiunque è nato dallo Spirito». Da qui dunque, passando anche per l’esame dell’idea della dissimilitudine, del Concetto umano della similitudine, della triade umana (uno, intelletto e anima), del comportamento tra idealismo e realismo, Rosario Rito giunge alle sue straordinarie conclusioni che: ogni uomo è sempre alla ricerca dell’amore a misura delle proprie condizioni.

Amare a misura d’uomo significa in definitiva che, guardando negli occhi il proprio simile, ognuno si appropria della diversità dell’altro senza avere alcuno atteggiamento pietistico e men che meno con l’autosufficienza della commiserazione. Chi raggiunge questa maturità interiore, avrà perciò la consapevolezza di poter credere nelle potenzialità della propria e dell’altrui diversità. Questa consapevolezza significa in realtà che ognuno, seguendo un percorso concreto di educazione alla disabilità, che è poi il titolo del libro di Rosario, può raggiungere la meta umana di comprendere finalmente il senso vero del materiale e dell’immateriale dell’amare.